28.04.2009 -
Il Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia
(ICGEB), infatti, ha messo a punto un vaccino che induce
nell'organismo una risposta immunitaria per combattere il tumore.
Si tratta di un vaccino curativo da somministrare ai pazienti già
colpiti dalla malattia e non di un vaccino preventivo, come la
maggior parte degli attuali vaccini in commercio.
Ora, dopo anni di ricerche e grazie alla collaborazione con il
Dipartimento di Oncologia dei Trapianti dell'Università di Pisa,
sta per iniziare la sperimentazione clinica direttamente sui
pazienti.
Ad annunciare il via libera a quest'iniziativa, da poco
approvata dall'Istituto Superiore di Sanità, sono il prof. Oscar
Burrone, artefice del progetto e Responsabile del Laboratorio di
Immunologia Molecolare dell'ICGEB, e il prof. Mario Petrini,
responsabile clinico della sperimentazione e Direttore della
Divisione di Ematologia del Dipartimento di Oncologia dei Trapianti
e Nuove Tecnologie in Medicina dell'Università di Pisa presso
l'Ospedale S.Caterina di Pisa.
Il progetto, che durerà complessivamente tre anni, riveste
un'importanza elevatissima poiché si tratta della prima
sperimentazione clinica di un vaccino anti-tumorale a DNA,
totalmente italiano, che viene realizzata interamente in Italia. Il
vaccino terapeutico, interamente progettato e sviluppato nel
Laboratorio di Immunologia Molecolare dell'ICGEB, è assolutamente
innovativo perché va ad agire direttamente su un gene
caratteristico della cellula tumorale, diverso da quello
corrispondente delle cellule normali.
In particolare il vaccino vuole curare un tumore, il linfoma
Non-Hodgkins, che colpisce alcuni tipi globuli bianchi, i
"linfociti B". I "linfociti B" hanno il compito di reagire in modo
specifico nei confronti di qualsiasi agente estraneo al nostro
organismo (antigene). Ogni linfocita possiede sulla membrana un
recettore (una proteina chiamata immunoglobulina) in grado di
riconoscere e legarsi a uno solo dei tantissimi antigeni che
potrebbero penetrare nell'organismo.
Pertanto, linfociti diversi presenteranno sulla loro superficie
immunoglobuline diverse tra loro. Il contatto tra l'antigene e
l'immunoglobulina specifica attiva nel "linfocita B" la risposta
immunitaria che porta a una grande produzione di anticorpi. Quando
insorge il linfoma Non-Hodgkin tutte le cellule tumorali
(linfomatose) hanno origine da un singolo "linfocita B" che
"impazzendo" si riproduce senza controllo (proliferazione).
Tutte le cellule linfomatose, quindi, presenteranno sulla loro
superficie lo stesso tipo di immunoglobulina, unica e
caratteristica del tumore, specifica per ogni paziente. Il vaccino
deve essere quindi costruito appositamente caso per caso, in quanto
deve indurre una risposta immunitaria specifica contro
l'immunoglobulina tumorale di ciascun paziente, con l'obiettivo di
eliminare selettivamente le cellule tumorali senza intaccare le
cellule normali.
Sui pazienti verrà pertanto effettuato un prelievo istologico di
alcune cellule tumorali per individuare quale tipo di
immunoglobulina è coinvolta, identificarne il gene che la codifica
e riprodurlo in laboratorio. Il vaccino a DNA risultante verrà
iniettato sotto la cute del paziente con una pistola speciale ad
aria compressa. Le "cartucce - vaccino", costituite da
microparticelle di oro rivestite con il materiale genetico prodotto
dall'ICGEB, verranno sparate all'interno delle cellule del derma e
da lì inizieranno a stimolare la reazione immunitaria
anti-tumorale.
«Perché la terapia abbia successo ogni vaccino deve essere fatto
appositamente per ogni singolo paziente - spiega Burrone - In
questo modo ognuno potrà godere di una cura altamente
personalizzata realizzata su misura, come un vestito. L'ampia
sperimentazione su modelli animali che abbiamo compiuto in tanti
anni di ricerca nel nostro laboratorio ha dato risultati veramente
molto promettenti: ora nutriamo grandi aspettative da questi primi
test clinici su paziente che stanno per iniziare».
Essenziale per la riuscita del progetto la stretta
collaborazione con la Divisione di Ematologia diretta dal prof.
Petrini che, dopo aver seguito il lungo iter per l'approvazione da
parte dell'Istituto Superiore di Sanità, ora selezionerà i pazienti
ai quali effettuare la biopsia, somministrerà loro la vaccinazione
anti-tumorale e ne controllerà l'evoluzione clinica.
«Il metodo - sottolineano i ricercatori - è semplice, rapido e
indolore. Non necessita di ricovero ospedaliero. Non è
assolutamente rischioso, non può far male al paziente, né avere
effetti collaterali».
I risultati che emergeranno da questa fase di sperimentazione
clinica sull'uomo saranno importantissimi per poter valutare
l'utilizzo di questo tipo di vaccinazione anche in altri tumori
come quello alla mammella, che ha un'alta incidenza nelle donne.
Questa tecnologia altamente innovativa presenta grandi potenzialità
di sviluppo, quindi, anche per la lotta contro altri tipi di
tumori.
Ufficio stampa ICBEB
Monica Rio
Globo divulgazione scientifica
(3479304484)