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Mauro Busolini, AD di Legnotecnica Srl, racconta come è riuscito a realizzazione un tavolo smontabile e stabile 

Il segreto è nel foro


12.01.2012 -

di Michele Scozzai


Uno per cento. Oggi è solo un ricordo. Fastidioso, appiccicaticcio. Allora era tutto ciò che i titolari dell'impresa di cui ero responsabile amministrativo mi offrivano per ricompensarmi dopo tanti anni di lavoro e sacrifici. Quando fui assunto, da semplice ragioniere, era il 1980: l'azienda fatturava 420 milioni di lire. In poco tempo mi ritrovai a gestire i conti della società.

 

Erano anni importanti: anni in cui furono introdotti il bilancio comunitario e il testo unico sulle imposte. Avevamo 27 agenti in tutto il mondo e nel 1994 toccammo un valore della produzione di 18 miliardi di lire. Sentivo di aver dato del mio per raggiungere quei risultati e chiesi ai titolari dell'impresa di entrare in società. Ne discutemmo per tre ore e alla fine mi offrirono una quota dell'1 per cento. Niente di più, niente di meno. Dissi che ci avrei pensato. La sera, a casa, mi sedetti davanti a un quaderno e tutto quello che riuscii a scrivere fu un «1» alto cinque centimetri, ricalcato così tante volte che lo si poteva leggere chiaramente fino all'ultima pagina.

 

Il mio ultimo stipendio era stato di 3.650.000 lire. La mattina dopo mi licenziai e la sera stessa, insieme con il mio capofabbrica, rischiammo tutto e fondammo Legnotecnica. Era il 1994 e avevo 34 anni: quel giorno nacque mia figlia Marta. Non so se andarmene fu un errore o meno. So però che quella era la mia strada. D'altronde le cose della volontà non sono mai così semplici: semplici sono l'indecisione, l'incertezza, l'irresoluzione.

 

Il regalo più grande che Dio mi ha fatto è la gente che lavora con me. La gente è tutto, da solo sei niente. È nei loro confronti che sento la responsabilità maggiore (dopo la mia famiglia, naturalmente). In Legnotecnica abbiamo imparato a fare della qualità un elemento imprescindibile. È così che ci siamo conquistati il rispetto di fornitori e clienti. Nel 2005 uno dei nostri clienti più importanti ci chiese di realizzare un tavolo allungabile, smontabile e dotato della massima stabilità. La soluzione era una soltanto: ancorare il ripiano alle gambe del tavolo attraverso un'asta filettata che attraversasse le gambe da parte a parte. In questo modo avremmo ottenuto un prodotto paragonabile a un corpo unico.

 

Il problema era che nessuno al mondo, fino a quel momento, era mai riuscito a praticare un foro nel legno lungo più di un metro (la lunghezza delle gambe, appunto). Ma non era una sfida che potevamo perdere: se non avessimo soddisfatto il cliente, avremmo perso una commessa da 750.000 euro e io sarei stato costretto a mandare a casa 15 operai. Ci diedero sei mesi di tempo. Dopo di che, per ragioni di costi, la produzione si sarebbe spostata in Croazia.

 

L'intervento di AREA


Il primo tentativo fu disperante: comprammo una punta da 800 euro e, con un normale trapano, tentammo di forare un pezzo di legno. Dopo appena 10 centimetri ci accorgemmo che il foro aveva piegato verso destra ed era uscito dal corpo, danneggiando la punta. Già cominciavo a pensare a come spiegare ai miei ragazzi che presto si sarebbero dovuti trovare un altro impiego. A quel punto ci rivolgemmo a un dipartimento universitario: ma per il solo studio di fattibilità ci chiesero oltre 25.000 euro, senza alcuna garanzia di riuscita. Ringraziai e rinunciai all'offerta. Poi, un giorno, incontrai AREA Science Park: era la mia ultima spiaggia.

 

L'approccio fu positivo. Decidemmo di tentare e di intraprendere un percorso comune alla ricerca della soluzione migliore: AREA verificò se prima di noi qualcuno aveva tentato di fare un foro analogo. Scoprimmo che, negli anni Ottanta, erano stati fatti alcuni test in Giappone e in Canada, ma con scarsissimi risultati. Eravamo in guerra senz'armi, ma ormai non potevamo accettare la resa.

 

Facemmo un'analisi brevettuale e tecnica sui sistemi di foratura del legno. Il legno non è sempre semplice legno: la densità, l'elasticità del materiale, la sua durezza, la sua resistenza sono variabili che possono complicare, e non di poco, la situazione. Facemmo numerose prove e, mano a mano, notammo i primi riscontri. Con l'aiuto del Catas, e in collaborazione con un'impresa segnalataci da AREA, adattammo alle nostre esigenze una tecnologia già in uso in altri settori. Scoprimmo che il segreto era nella punta: costruimmo un prototipo e ottenemmo risultati incoraggianti. La meta era ancora distante, ma finalmente sentivo di essere sulla giusta strada.

 

I primi brevetti


Poche settimane più tardi mettemmo a punto una macchina che ci consentiva di praticare un foro passante di 120 centimetri. Eravamo arrivati dove nessuno era mai arrivato prima. Potevamo forare un qualunque elemento in legno con una tolleranza praticamente trascurabile. I posti di lavoro erano salvi. L'azienda anche. I nuovi tavoli avevano una resistenza certificata di cento su base cento. A differenza dei comuni tavoli, dove le gambe sono fissate al ripiano attraverso quattro angolari, i nostri prodotti non oscillavano né flettevano.

 

Brevettammo la tecnologia e stringemmo con il cliente un accordo in base al quale, per tre anni, non avremmo commercializzato ad altri il foro passante. Da allora non abbiamo mai smesso di crescere: da un fatturato di 3,4 milioni nel 2004, abbiamo raggiunto un picco di 4,2 milioni, prima di flettere a causa della crisi. Ma nel settore del legno, restiamo fra i maggiori terzisti del Triveneto: oggi abbiamo 45 dipendenti (indotto escluso), siamo depositari di cinque brevetti, produciamo 2,5 milioni di elementi all'anno, abbiamo investito otto milioni sullo stabilimento e siamo praticamente senza debiti. Scaduta l'esclusività con il primo cliente, oggi il foro passante è usato da quattro imprese.

 

L'innovazione


L'innovazione significa modificare i processi di produzione. Costruire prodotti non copiabili e con un rapporto competitivo fra qualità e prezzo. Per capire l'innovazione, l'innovazione vera, bisogna vivere in fabbrica, capirne i problemi quotidiani, confrontarsi con i bilanci e con utili risicati. È difficile che un politico o un professore universitario che invitano a innovare sappiano davvero ciò che stanno dicendo.

 

Oggi ciò che maggiormente percepisco è l'esigenza di innovare la rete commerciale: ho bisogno di qualcuno che mi dica se i miei prodotti hanno prospettive di mercato oppure no. Ho bisogno di esperti che mi spieghino come e dove vendere la mia merce. Mi servono consulenti in grado di valutare esattamente il valore commerciale dei miei brevetti. È su questo che lo Stato e la Regione dovrebbero intervenire. È questa la vera chiave di volta che può consentire di salvaguardare posti di lavoro e di promuovere l'Italia nel mondo.

 

Occasioni nascoste


Nel 2009 ho avuto l'intuizione di usare il foro passante anche in contesti diversi. Mi chiedo per quale ragione mi siano serviti quattro anni per capirlo. Eppure l'opportunità era lì, dietro l'angolo: ma io non ero in grado di vederla. Sfruttando la tecnologia che avevamo messo a punto con AREA, abbiamo realizzato una culla che, una volta smessa, può essere facilmente trasformata in un portaoggetti, in un divano o in un lettino.

 

Ma la novità più straordinaria è un tavolo di 90 per 90 centimetri, allungabile a 180, in cui anche il ripiano è completamente smontabile, fatto da 18 elementi intercambiabili e completamente personalizzabile. Imballato, occupa uno spazio di appena 0,037 metri cubi, contro i 0,137 di un tavolo tradizionale. Solo in termini di trasporto, i risparmi che si possono conseguire sono enormi. È un prodotto con il quale, se saremo capaci di sfruttarne le potenzialità, spaccheremo il mondo: oggi i distributori fanno la fila per averlo, in Italia come in Europa. La strategia che decideremo di adottare per la sua commercializzazione sarà un passaggio fondamentale per Legnotecnica.

 

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