28.10.2011 -
Un nuovo sistema, basato su una sottilissima membrana di
grafene, attraverso cui osservare i materiali. L'ha realizzato,
sotto il coordinamento di Andrei Kolmakov, un'equipe internazionale
di ricercatori dell'Università dell'Illinois, di Sincrotrone
Trieste S.C.p.A. e dell'Università Tecnica di Monaco. Conquistando
le pagine della rivista Nature Nanotechnology e promettendo di
abbattere il costo di molte analisi per la caratterizzazione
chimica in condizioni ambientali.
Questo lavoro, infatti, vuole risolvere un problema fondamentale
che rende oggi molto difficile lo studio e lo sviluppo di nuovi
nanomateriali, come quelli impiegati nella sintesi di catalizzatori
o quelli biocompatibili per applicazioni in campo medico. "Le loro
caratteristiche e prestazioni - spiega Matteo Amati, fisico di
Sincrotrone Trieste - dipendono fortemente dai processi che
avvengono sullo strato più esterno esposto all'ambiente, sia questo
un gas, un fluido o un tessuto cellulare. Per capire e controllare
questi processi bisogna quindi acquisire un'informazione specifica
di superficie registrata in condizioni ambientali. Ma questo può
costituire un ostacolo decisivo perché alcune delle tecniche più
efficaci, che sono basate sulla rilevazione degli elettroni emessi
dal materiale, funzionano solo in condizioni molto
controllate".
Il sistema messo a punto dagli autori dell'articolo risolve
esattamente questo punto, in modo semplice ed economico. La
membrana utilizzata, spessa fino a un solo strato atomico, è
comunque abbastanza robusta da separare e isolare in modo efficace
i due diversi ambienti: quello in cui è immerso il campione da
osservare e quello "riparato" richiesto dalle tecniche analitiche.
Ma è nello stesso tempo abbastanza trasparente da far passare gli
elettroni che trasportano le informazioni chimiche.
Utilizzando questo semplice sistema, che potrà essere prodotto
in serie a costi molto ridotti e applicato anche a diversi
categorie di strumenti come i microscopi elettronici, molti quesiti
sperimentali verranno risolti in modo più semplice e con un grande
risparmio, senza bisogno di ricorrere a costosissimi apparati
sperimentali che fino ad oggi costituivano l'unica soluzione
possibile.
"Avere a disposizione questa alternativa - conclude Amati -
potrà fare in molti casi una differenza fondamentale, tanto più in
un momento di scarsi finanziamenti. La differenza fra fare o non
fare una certa ricerca, anche in campi di grande utilità
applicativa, visto che i nanomateriali trovano e troveranno sempre
più impiego in ambiti come la medicina, l'ambiente,
l'elettronica".
Il lavoro sperimentale condotto presso Sincrotrone Trieste è
stato in parte sostenuto dai contributi della Regione Friuli
Venezia Giulia, nell'ambito del Progetto AMBIONSEN dedicato allo
sviluppo di sensori chimici per diagnosi ambientale e biologica,
basati sulle nanotecnologie.
Laura Bibi Palatini
Ufficio stampa - Sincrotrone Trieste S.C.p.A.
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