11.10.2011 -
di Laura Ramacci
Lisa Vaccari è veneta di origine. Si è laureata in Chimica
all'Università di Trieste, dove ha conseguito anche il dottorato di
ricerca in Scienze Farmaceutiche, con una tesi sui nano tubi di
carbonio. Ha iniziato a lavorare in Sincrotrone Trieste nel campo
della micro-nanofabbricazione, grazie a una borsa di studio erogata
da AREA Science Park. Attualmente lavora nel gruppo della dott.ssa
Maya Kiskinova, sulla linea di luce SISSI (Source for Imaging and
Spectroscopic Studies in the Infrared).
Raccontaci a quali progetti stai lavorando.
Lavoro sulla linea di spettroscopia infrarossa e in particolare
mi occupo di applicazioni biologiche e mediche della tecnica, in
breve di Life Science. Come "beamline scientist", quale io sono,
uno dei miei compiti è di assistere gli utenti nazionali e
internazionali che popolano i nostri laboratori e qui fanno i loro
esperimenti. Ad affiancare questa attività, la mia ricerca
personale, incentrata sullo studio della risposta immunitaria
umana.
Il mio passato nella fabbricazione sta dando i suoi frutti nello
sviluppo di un progetto di ricerca volto a realizzare dispositivi
microfluidici da impiegarsi per la caratterizzazione delle
variazioni biochimiche associate alle deformazioni morfologiche
subite dai leucociti. Inoltre, non ho mai abbandonato lo studio sui
nanotubi di carbonio, soggetto della mia tesi di dottorato. Lo
studio della loro tossicità attraverso tecniche complementari alle
convenzionali è quello che maggiormente mi affascina in questo
settore.
E allora parliamo un po' di questo nuovo "mondo" delle
nanotecnologie, visto che è sempre più al centro del dibattito
scientifico. L'utilizzo dei nano-materiali promette progressi
importanti, con molteplici vantaggi in numerose applicazioni
destinate a consumatori, pazienti, ambiente. Il Parlamento europeo
sostiene che bisogna aumentare i fondi per la ricerca sullo
sviluppo sicuro dei nano-materiali e, in particolare, chiede che si
affronti la natura dei rischi per l'ambiente e la salute,
soprattutto sui luoghi di lavoro. Come ricercatore condividi queste
preoccupazioni?
Condivido pienamente la preoccupazione del Parlamento europeo e
voglio specificare che quando si parla di nanotecnologie è
necessario ricordare che non tutto ciò che è nano è nuovo, nel
senso che il mondo 'nano' è parte della natura; tuttavia è stato
possibile vederlo soltanto grazie allo sviluppo di tecnologie e
strumenti adeguati, frutto di un intenso lavoro di ricerca.
Oggi possiamo dire che siamo arrivati a un grado di maturità
tale da poter 'ingegnerizzare' i nanomateriali. In particolare, la
comunità scientifica ha mostrato un interesse via via crescente nei
confronti delle applicazioni biomediche dei nanomateriali, ritenuti
capaci di rispondere alla necessità della moderna medicina di
disporre di terapie farmacologiche mirate e personalizzate.
Purtroppo, questa esplosione di studi non sempre è stata affiancata
da altrettanti studi sulla tossicità dei materiali prodotti, né da
studi sulla definizione di norme e standard riconosciuti.
Credo che la comunità scientifica abbia la responsabilità di
occuparsi di questo problema, vista l'ampia diffusione di questi
materiali, cercando di essere più accurata nelle proprie ricerche e
nell'analisi dei dati e ponendosi come obiettivo la ricerca di
protocolli standard scientificamente probanti e internazionalmente
riconosciuti.
Fai parte di un gruppo di ricerca che sta raggiungendo
risultati significativi in un settore molto innovativo. Quali sono
per te gli ingredienti essenziali perché una squadra abbia
'successo' e cosa vuol dire per te avere successo?
Innanzitutto il rispetto reciproco sia professionale che umano.
Poi, le competenze complementari e la determinazione nel difendere
le proprie idee senza imporle agli altri. Un ingrediente molto
importante presente nel nostro gruppo è la chiara divisione dei
ruoli che ci consente di condividere l'obiettivo finale senza
competere. In generale, credo che l'assunzione di responsabilità da
parte di ognuno, a cominciare dai dottorandi, sia determinate per
avere un clima collaborativo e fattivo.
Inoltre perché una squadra funzioni e abbia successo credo sia
essenziale anche la componente 'amicale' e di 'affettività' nel
gruppo. Del resto, per noi che lavoriamo insieme di giorno, di
notte, il sabato e la domenica, se non ci fosse questa componente
'affettiva' sarebbe molto difficile essere sereni!!! Il successo,
per me, è fare il meglio che puoi nelle condizioni date; è arrivare
al risultato che ti aspetti.
Giochiamo al gioco del 'se fossi'. Se tu fossi il
Ministro Gelmini, quale sarebbe il tuo primo provvedimento per
sostenere la ricerca italiana? E se tu invece fossi una fata con la
bacchetta magica cosa faresti come prima cosa?
Per alcune cose sono d'accordo con il Ministro Gelmini. Credo
nel rigore e in questo senso ritengo che stia facendo bene. Io
renderei il sistema più snello e responsabilizzante: la
sovrastruttura burocratica appesantisce il sistema Italia,
mitigando le responsabilità decisionali dietro il paravento di
regole obsolete. In breve, sarebbe auspicabile un sistema meno
ipocrita.
Inoltre investirei di più nelle risorse umane che sono la
ricchezza più importante e farei più controlli sull'assegnazione
dei fondi e sull'adeguatezza del loro utilizzo. Insomma, è il
merito che dovrebbe fare la differenza. Se avessi la bacchetta
magica darei più spazio ai giovani non tanto perché hanno idee più
innovative ma sicuramente perché spinti da maggiori motivazioni per
realizzarle.
La carriera scientifica richiede molto impegno mentale e
può lasciare in ombra aspetti più femminili e creativi di noi. C'è
un'attività di espressione creativa in cui sei o ti piacerebbe
essere bravissima?
Sono brava a cucinare e mi piacerebbe molto saper ricamare, in
particolare il punto croce che dà spazio al colore. Vorrei anche
imparare a ballare. Ed è nel tango che vorrei essere bravissima
perché ti permette di esprimere tutti i toni, gli umori e i
ripensamenti della vita.