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Ricerca avanzata
Cancro al collo dell’utero. ICGEB capofila di un progetto finanziato dalla Fondazione Wellcome Trust 

Lotta al Papilloma virus


24.11.2011 -

di Monica Rio


Ogni anno in Italia si ammalano di tumore all'utero oltre 3500 donne: per circa 1000 di loro le cure attuali non sono sufficienti e purtroppo soccombono alla malattia. Responsabile di questo tipo di tumore, che nel mondo uccide più di 250.000 donne l'anno, è il Papilloma virus (Hpv), da tempo oggetto di studio da parte del mondo scientifico e contro il quale, cinque anni fa, sono stati sviluppati due tipi di vaccini in grado di prevenirne l'infezione. La prevenzione, tuttavia, sebbene importantissima, da sola non basta. È essenziale che la ricerca sviluppi terapie efficaci e farmaci innovativi in grado di curare e sconfiggere il cancro uterino.

 

In prima linea in questa sfida c'è un laboratorio del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB), che da anni a Trieste conduce ricerche d'avanguardia sul Papilloma virus e sui meccanismi che provocano lo sviluppo dei tumori: è il Laboratorio di Virologia Tumorale guidato dal professore Lawrence Banks che da poco ha ottenuto un finanziamento di 400mila euro dalla Fondazione Wellcome Trust, prestigiosa istituzione britannica che da 75 anni finanzia le menti più brillanti della ricerca biomedica. Circondati da provette, centrifughe e microscopi, incontriamo Banks nel suo laboratorio e ci facciamo spiegare di più sulla malattia e sulle sue ricerche.

 

"Il Papilloma virus si trasmette per via sessuale - spiega Banks - e colpisce circa il 50% delle donne tra i 20 e i 24 anni e il 25% delle giovani tra i 14 e i 19 anni. È l'infezione sessuale più diffusa nel mondo e ne risultano colpite 291 milioni di donne. Non tutte, però, si ammalano, solo una parte di esse dopo una decina di anni sviluppa un tumore alla cervice uterina".

 

Una massiva vaccinazione preventiva su tutte le giovani donne potrebbe prevenire l'infezione da Hpv e quindi il tumore?


Si. Ma, andando a un caso concreto, sebbene l'Italia sia stato uno dei primi paesi europei a pianificare una strategia di vaccinazione pubblica che, iniziata nel 2008, prevede di immunizzare entro il 2012 il 95% delle ragazze nate nel 1997, resteranno comunque scoperte ed esposte al virus tutte le altre donne. Il vaccino, inoltre, non protegge le donne già infette e pertanto non risulta essere una soluzione esaustiva, tanto meno nei Paesi in via di sviluppo, dove la sua distribuzione incontra grandi problemi economici e logistici.

 

Cercare nuove terapie, dunque. È questo l'obiettivo delle vostre ricerche?


Mi occupo di Papilloma virus fin dal 1990, quando sono arrivato all'ICGEB. In questi anni con la mia équipe abbiamo studiato la biologia molecolare di Hpv e il meccanismo di azione delle sue due principali proteine in grado di causare il cancro, la E6 e la E7.

 

Il progetto internazionale finanziato dalla Wellcome Trust, che ci vedrà impegnati insieme con la dottoressa Sally Roberts del Dipartimento di studi sul cancro dell'Università di Birmingham per i prossimi tre anni, avrà proprio l'obiettivo di comprendere il ruolo delle interazioni oncogeniche nel ciclo di vita virale e nelle neoplasie maligne indotte da Hpv.

 

Nei nostri studi precedenti abbiamo notato che una di queste proteine virali, la E6, è coinvolta non solo al livello del tumore primario ma anche nello sviluppo delle metastasi e nella loro diffusione nell'organismo. E6, infatti, sembrerebbe agire sulle cellule sane dell'ospite, andando a inibire la produzione di quelle sostanze - gli oncosoppressori - che impediscono la diffusione del tumore tra cellula e cellula. Più precisamente, nel citoscheletro delle cellule ospite sono presenti delle proteine, Dlg e Scrib, che generalmente hanno la funzione di oncosoppressori.

 

E6 si lega a queste proteine, ne inibisce l'azione, elimina le difese della cellula e promuove lo sviluppo del tumore. A volte, però, abbiamo osservato che Dlg e Scrib, sembrano diventare esse stesse oncogeni e, legandosi a E6, sembrano potenziarne l'azione e divenirne complici nello sviluppo del tumore.

 

È come se ci fosse una diserzione da parte delle difese della cellula? Come se passassero dalla parte del nemico?


Si, in un certo senso. Vogliamo capire meglio, pertanto, perché in alcuni casi avviene questo tipo di comportamento e se, quando capita, ciò può provocare forme tumorali più aggressive.

 

Per i prossimi tre anni studierete quindi le interazioni tra E6 e le proteine Dlg e Scrib della cellula ospite?


Dobbiamo comprendere cosa modifica il ruolo di queste proteine da oncosoppressori a oncogeni e se ciò è in relazione allo stadio di sviluppo del tumore: Dlg e Scrib potrebbero essere inizialmente difensori e diventare complici di Hpv solo in uno stadio più avanzato. Noi sappiamo che per legarsi alle proteine della cellula ospite E6 utilizza una sua regione specifica, un breve tratto di aminoacidi denominato Pdz. Su modelli animali in laboratorio abbiamo visto che, quando a questa regione (E6-Pdz) induciamo una mutazione, E6 risulta molto meno efficace e quindi meno in grado di provocare lo sviluppo del tumore; non solo, ma la mutazione di questa regione compromette anche la capacità del virus di replicarsi all'interno delle cellule dell'utero e di diffondere l'infezione.

 

Approfondire pertanto il ruolo svolto da Dlg e Scrib e quello della regione E6-Pdz, sia durante il normale ciclo di vita di Hpv sia nell'insorgenza e sviluppo del cancro alla cervice, è essenziale per poter individuare un bersaglio molecolare specifico per nuove tecniche di terapia genica e per mettere a punto nuovi farmaci più efficaci.

 

Papilloma virus, oltre che del tumore alla cervice uterina, è responsabile dello sviluppo anche di numerosi altri tumori maligni: all'intestino, alla gola, all'esofago, al cervello, alla pelle... i risultati di questo studio finanziato dalla Wellcome Trust potranno avere ricadute anche per le altre neoplasie maligne indotte da Hpv?


Sicuramente. Come abbiamo già detto, la proliferazione e la sopravvivenza di Hpv sono regolate da due sue proteine, E6 e E7. Comprendere i meccanismi molecolari che stanno alla base dell'azione di E6 significa comprendere i segreti della patogenesi del virus, metterci cioè nelle condizioni di andare a disinnescare le 'armi' di Hpv e bloccare lo sviluppo del cancro, qualsiasi sia l'organo colpito dall'infezione.

 

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