21.06.2011 -
Immagini, testi, suoni, voce e spazio in una relazione
condizionante in cui ogni elemento interagisce ed influisce
sull'altro. È "Panopticon", l'installazione in mostra a Trieste dal
23 giugno al 1 luglio 2011 presso lo Spazio Rosa, nel Parco
Culturale di San Giovanni.
L'opera proposta dal gruppo Kant machine nasce come
sperimentazione creativa all'interno di una cornice più ampia, il
progetto nazionale di facilitazione sociale realizzato dal 2006 in
tutta Italia con i Circoli di Ascolto organizzativo.
Visitando Panopticon, lo spettatore non è confinato in un ruolo
di contemplazione passiva, ma invitato a partecipare emotivamente e
criticamente in una dimensione immersiva ed esperienziale.
Attraverso sistemi di rilevamento acustico e ambientale lo
spettatore, compiendo semplici azioni all'interno dello spazio, può
partecipare alla costruzione del senso dell'opera in tempo
reale.
Panopticon è costruito con una struttura modulare che si adatta
di volta in volta allo spazio, alle occasioni e alle risorse che
trova, creando così una relazione unica con ogni città e con la sua
capacità di installare il Panopticon come esperienza viva e vitale
di scambio e di riflessione all'interno della comunità sociale.
"Kant machine è un gruppo di ricerca e ricognizione che,
attraverso la riflessione filosofica e la sperimentazione artistica
costruisce messaggi, immagini e progetti di sviluppo delle comunità
sociali - spiega Alessandro Rinaldi che con Leo Kopacin ha fondato
il gruppo - . Il progetto fonde l'esperienza di due soggetti attivi
da molti anni in tutta Italia su percorsi di eccellenza: Dof
Consulting, gruppo di ricerca sulla facilitazione sociale ed
Ezzthetic, studio di produzione visuale e musicale. Il gruppo basa
la sua esperienza su percorsi e progetti realizzati in diversi
mondi: dalla ricerca scientifica alla sperimentazione artistica,
dall'industria alla sanità, dalla pubblica amministrazione alla
cooperazione sociale".
L'installazione a Trieste rappresenta un vero e proprio atto di
fondazione di un'opera che sarà successivamente portata in altre
città italiane ed europee ma che rivendica una paternità triestina.
Per questa importante anteprima nazionale Kant machine ha ottenuto
la collaborazione del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, di
Area Science Park e dell'associazione culturale Nadirpro.
Inoltre diverse ed eterogenee realtà di eccellenza di Trieste e
del Friuli Venezia Giulia hanno voluto sostenere il progetto in
termini di investimento culturale, sociale ed economico: il
Consorzio Interland, Wartsila Italia, la cooperativa Itaca di
Pordenone e Zidarich, il noto produttore di vini del Carso.
Panopticon ha ricevuto il patrocinio della Provincia di
Trieste.
Il "concetto" Panopticon di Kant machine
[Panottico]: ciò che è visibile in ogni sua
parte attraverso un unico sguardo.
Il Panopticon è l'edificio progettato nel 1791 dal filosofo e
giurista Jeremy Bentham, una visione al contempo di assoluta
bellezza e di estrema dominanza. Questo edificio a forma
radiocentrica doveva realizzare la visione onnisciente del potere:
controllare contemporaneamente i prigionieri di un istituto di
detenzione attraverso lo sguardo di un solo guardiano. Alla visione
del Panopticon si ispira l'installazione ideata da Kant
machine.
La costruzione di uno spazio panottico diventa il punto di
partenza per evocare la testimonianza immaginaria di due figure
capaci di proporre una riflessione radicale e seminale sul tema
della libertà e del rapporto tra individuo e istituzione: lo
psichiatra Franco Basaglia ed il pensatore Ivan Illich.
Il riconoscimento del valore terapeutico della libertà e la
possibilità di costruire e curare attraverso la relazione e non
attraverso la detenzione, l'idea di trasmissione del sapere in un
contesto conviviale piuttosto che nell' angusto ambito
istituzionale, rendono il pensiero di Basaglia ed Illich di
assoluta attualità. Le diverse prospettive si affiancano in ogni
angolo dell'installazione.
Noi siamo posti esattamente in mezzo, all'interno di un ambiente
che ci porta a riflettere sulla nostra percezione immergendoci in
un gioco di specchi. Mentre le parole di Basaglia ed Illich e lo
sguardo di Bentham si inseguono in un vertiginoso parallelismo, la
responsabilità dell'esperienza è tutta nostra, immersi
contemporaneamente nella posizione dello spettatore, del guardiano,
del convitato, del detenuto, del malato, dell'uomo liberato.