30.08.2011 -
di Michele Scozzai
Diceva il francese André Gide, premio Nobel per la letteratura
nel 1947, che i problemi non esistono, "ci sono soltanto
soluzioni". Deve averci pensato, o quanto meno sperato, il giovane
restauratore triestino che all'inizio del 2007 bussò alle porte di
AREA per sfidare la consuetudine con caparbietà e spirito
d'innovazione. Esperto nel restauro di manufatti in legno -
passione, intuito e fiuto - l'artigiano pose allo staff di AREA il
problema-non-problema che scandiva la sue giornate.
Quella del restauratore è una professione chirurgica, chi la
pratica restituisce un brandello di tempo a oggetti e opere d'arte,
moderno Dorian Gray della bellezza inanimata: per lavorare,
raccontò di fare uso abituale di un prodotto sverniciante a base di
cloruro di metilene (o diclorometano), comunemente noto come
sverniciatore universale.
Il diclorometano è un efficace solvente che trova largo impiego
anche nell'industria alimentare, per la rimozione della caffeina
dal caffè. La sostanza tuttavia è tossica e, sebbene non vi siano
prove scientifiche sufficienti, è ritenuta potenzialmente
cancerogena. Liquida, incolore e volatile, va smaltita secondo
prescrizioni di legge e deve essere adoperata con adeguate
protezioni: maschera, guanti, tuta e occhiali. Per chi fa il
restauratore esistono poche vie di fuga: lo sverniciatore
universale funziona e tutti i tentativi di imitarlo, con solventi
meno nocivi, hanno avuto scarso successo.
Lo staff di AREA avviò uno studio sul settore e, come primo
passo, contattò un campione di restauratori del Friuli Venezia
Giulia per capire quanto la preoccupazione fosse percepita e
diffusa. Una restauratrice sposata da pochi mesi confessò di voler
rinunciare al proprio mestiere, la passione di sempre, perché
intimorita dall'impatto dello sverniciatore su una possibile
gravidanza. Per avviare l'intervento, e scovare la soluzione, fu
individuato il professor Gianpiero Adami, del Dipartimento di
Scienze Chimiche dell'Università degli Studi di Trieste. Adami ha
competenze specifiche in chimica dell'ambiente e collabora da tempo
con il Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni
Culturali di Villa Manin di Passariano (Udine), istituito nel 1971
e oggi considerato, in Italia, uno dei principali punti di
riferimento per il settore.
Compiuta un'analisi sullo stato dell'arte del comparto, AREA
promosse un esame della normativa nazionale e internazionale
sull'uso degli sverniciatori e di sostanze analoghe. Quindi
intraprese una ricerca brevettuale e documentale per verificare
l'esistenza di un'alternativa verde allo sverniciatore universale.
Con Adami, furono contattate una decina di aziende del settore e,
avvalendosi della collaborazione di un gruppo di restauratori,
vennero testati i principali concorrenti del diclorometano presenti
sul mercato, riscontrandone effetti, pericoli, composizione, tempi
e tipologie di posa.
Dalla ricerca emerse che i prodotti verdi e non tossici erano
effettivamente numerosi, ma nessuno rispondeva in modo compiuto
alle esigenze dei restauratori. Alcuni andavano troppo in
profondità, rischiando di danneggiare le superfici, altri troppo
poco e quelli all'apparenza più efficaci avevano un costo
insostenibile. Una via di mezzo - paragonabile per incisività allo
sverniciatore universale, ma meno critico per la salute e per
l'ambiente e possibilmente non soggetto a procedure per lo
smaltimento dei residui - sembrava non esserci.
Adami, conclusa la prima fase di monitoraggio, iniziò a
sperimentare varie composizioni. Dopo decine di tentativi e mesi di
lavoro, propose la soluzione che avvalorava la massima di Gide.
Il prodotto ideato da Adami è una miscela di due composti
organici, il dimetilsolfossido e il limonene, entrambi solventi a
bassissima tossicità. Il primo, scoperto nel 1867, trova
applicazione nei campi più diversi, dall'industria elettronica alla
medicina. Il secondo è un terpene contenuto negli agrumi, ha un
profumo gradevole, è sgrassante e, naturalmente, prende il nome dal
limone: è usato, fra l'altro, in cosmetica e in botanica.
La vera novità del prodotto di Gianpiero Adami sta nell'aver
miscelato le due sostanze, accrescendone notevolmente l'efficacia.
Nonostante i costi lievemente superiori a quelli del diclorometano,
il nuovo sverniciatore ha dato risultati decisamente incoraggianti:
ha un'ottima resa, una tossicità trascurabile, non richiede
dispositivi di sicurezza e protezione e non è considerato un
rifiuto speciale.
Adami, che sostiene di aver concepito alcune delle sue idee
migliori di notte o quando è in viaggio, non si è fermato al
prodotto, ma ha innovato anche la metodologia d'uso: a differenza
del diclorometano, il nuovo sverniciatore non si applica con un
pennello e la vernice non si toglie con una spatola. Il prodotto si
presenta come un gel, spalmabile su uno strato di "tessuto non
tessuto" e ricoperto da uno strato protettivo in alluminio.
La striscia viene adagiata sulla superficie da sverniciare e il
prodotto viene lasciato agire. Il solvente passa in modo graduale
all'oggetto (accrescendo ulteriormente l'effetto della miscela),
mentre lo strato protettivo evita l'evaporazione e limita
l'inalazione da parte dell'operatore. Non solo: la striscia, mentre
il solvente agisce, ingloba eventuali residui e l'alluminio agevola
l'adattamento a superfici irregolari, come angoli, solchi o
sporgenze.
Venti o trenta minuti di applicazione permettono mediamente
risultati eccellenti e riscaldando leggermente con una lampada a
incandescenza l'area da sverniciare, l'incisività del solvente
aumenta. Per le vernici più resistenti, come quelle nautiche o per
palchetti, servono in genere più applicazioni. Il dispositivo, a
ben vedere, funziona come una comune ceretta.
L'intuizione, all'origine, fu del tutto fortuita: un guanto di
protezione fu lasciato cadere per errore su uno dei campioni sui
quali era in corso la sperimentazione. La mattina successiva,
sverniciatore e vernice si erano perfettamente adagiati alla
superficie del guanto, come in genere accade con una striscia
depilatoria.
Messa a punto la formula, AREA ha definito una strategia per la
protezione del trovato: oggi il prodotto è brevettato in tutta
Europa. La tutela riguarda sia la composizione che la metodologia
di applicazione. Adami ne è l'inventore; il proprietario del
brevetto, come vuole la normativa nazionale, è l'Università di
Trieste. Ma la collaborazione fra Adami e AREA non si è ancora
conclusa.
Il docente di chimica sta affinando il composto e valutando
nuovi sistemi di applicazione, mentre AREA sta sostenendo la
realizzazione di una gamma di prototipi in funzione dei potenziali
ambiti di impiego: dal restauro alla nautica, dalle pavimentazioni
all'edilizia. Il prossimo obiettivo, su cui si sta lavorando, è la
trasformazione del prototipo in prodotto vero e proprio. Al momento
ogni ipotesi resta aperta, ma la più realistica è una partnership
con un'azienda del settore. I primi contatti sono già stati
avviati. La soluzione, direbbe Gide, arriverà.