23.04.2013 -
Un'equipe di ricercatori di Elettra, dell'Ospedale Burlo
Garofolo e dell'Università di Trieste, fa luce sui meccanismi alla
base della tossicità dell'amianto. Frutto di un'innovativa analisi
su campioni di tessuto polmonare provenienti da pazienti esposti
all'amianto, gli ultimi risultati ottenuti dal gruppo triestino, in
collaborazione con ricercatori del sincrotrone francese Esrf e
dell'Università di Udine, mettono in luce il ruolo fondamentale del
ferro nello sviluppo del mesotelioma e conquistano le pagine di
Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.
Amianto e mesotelioma pleurico. Sono termini drammaticamente
legati. Il primo è un minerale ampiamente utilizzato in edilizia
fino a pochi anni fa per il suo basso costo e la sua eccezionale
resistenza al calore. Il secondo, un tumore particolarmente
aggressivo della pleura (la parete interna del torace che riveste i
polmoni) che ha nell'esposizione all'amianto il suo principale
fattore di rischio.
La pericolosità dell'amianto è infatti legata alla sua struttura
fisica: le sue microscopiche fibre sono facilmente inalabili e
possono depositarsi nei polmoni causando diverse malattie fra cui
l'asbestosi (presenza di cicatrici nel tessuto polmonare), il
tumore al polmone e, appunto, il mesotelioma. I meccanismi precisi
che spieghino la potenza cancerogena dell'amianto, non sono
tuttavia del tutto chiari, anche se la tendenza delle fibre - già
riscontrata in diversi studi - ad assorbire il ferro circostante
alterandone l'omeostasi, ovvero l'equilibrio, sembra essere una
caratteristica fondamentale alla base della loro tossicità.
"Indice inequivocabile dell'esposizione all'amianto - spiega
Clara Rizzardi, medico dell'Università di Trieste - è la formazione
dei cosiddetti corpi dell'amianto, o corpi dell'asbesto nel tessuto
polmonare. Strutture, queste, che nascono dalla deposizione attorno
alle fibre d'amianto di ferro libero, proteine che trasportano il
ferro, mucopolisaccaridi e altri materiali. Un tentativo dei
macrofagi polmonari (cellule deputate alla difesa del
tessuto) di isolare l'intruso avvolgendolo con una sorta di
conchiglia ma, d'altra parte, un enorme serbatoio di ferro che, in
quantità eccessiva e se liberato, può risultare tossico per il DNA
cellulare".
Per far luce su questi meccanismi, gli autori dell'articolo
hanno condotto una serie di analisi su campioni di tessuto
polmonare conservati all'ospedale di Monfalcone e provenienti da
pazienti esposti all'amianto.
"Grazie a una combinazione di tecniche basate sulla luce di
sincrotrone (la microscopia e la spettroscopia a raggi X) in grado
di fotografare in una sorta di mappa chimica la distribuzione degli
elementi presenti - spiega Alessandra Gianoncelli di Elettra -
abbiamo evidenziato importanti correlazioni fra la morfologia e la
chimica dei corpi dell'asbesto e del tessuto polmonare
circostante".
Il primo oggetto d'osservazione è stato proprio il ferro. Le
analisi hanno evidenziato in modo inequivocabile come le fibre e i
corpi dell'asbesto causino un grande accumulo di ferro nelle
cellule macrofaghe e nel tessuto circostante. La mappatura chimica
tracciata dai ricercatori, ha però fornito ulteriori fondamentali
indicazioni. Sia estendendosi ad altri elementi chimici, sia
rilevando la presenza di diverse "forme" dello stesso.
"Da un lato - continua Gianoncelli - abbiamo evidenziato che
anche fosforo, calcio e magnesio partecipano al processo,
confermando quanto indicavano già alcuni studi. Dall'altro, e per
la prima volta, abbiamo scoperto che nei corpi dell'asbesto sono
presenti almeno due tipi di ferro. Accanto al ferro trivalente che
ci aspettavamo, corrispondente alla ferritina, abbiamo infatti
trovato percentuali significative di ematite (un altro minerale a
base di ferro), ragionevolmente frutto di una trasformazione della
ferritina con il passare del tempo".
"Nessuno aveva mai guardato le fibre d'amianto nel tessuto in
questo modo, attraverso una vera fotografia chimica - conclude
Lorella Pascolo, ricercatrice dell'Ospedale Burlo Garofolo - una
fotografia che ci permette di dire che i corpi dell'asbesto non
sono strutture inerti, ma, anche dopo diversi anni di permanenza
nel polmone, continuano ad essere una fonte di stress nel tessuto,
legata alla mobilitazione del ferro".
"Queste osservazioni sulle interazioni di vari elementi chimici
e sulle trasformazioni del ferro in presenza delle fibre nei
polmoni - aggiunge - rappresentano inoltre un paradigma di
tossicità: una sorta di modello a cui riferirsi per
comprendere l'effetto di altri inquinanti a cui la popolazione è
oggi esposta. Mi riferisco al particolato ambientale, ma anche ai
nuovi nanomateriali, che, come qualcuno ha già detto, potrebbero
rappresentare l'amianto di domani. I dati che abbiamo ottenuto sono
senz'altro dati molto importanti per contribuire a chiarire il
quadro patogenetico delle malattie amianto correlate, con
potenziali future implicazioni anche dal punto di vista diagnostico
e terapeutico".
Lo studio è stato sostenuto da un finanziamento regionale,
ottenuto su indicazione della Commissione Regionale Amianto
FVG.